La Rubrica del Venerdì

Nella notte dei tempi, qualcuno, tutt’ora ignoto, un genio assoluto, scrisse, per la prima volta, probabilmente su una foglia o direttamente sulla roccia, la frase:

SCEMO CHI LEGGE 

Oltre a rendere a lui ogni onore dovuto, non possiamo che rivolgerci ora a voi e chiedervi: ci siete rimasti male quando avete letto, eh? E’ così, non c’è possibilità che non lo sia. Scemo chi legge è implacabile, divertente e offensivo allo stesso tempo ma, soprattutto, non lascia mai indifferenti. 

E’ un’effige che appare sui muri di ogni città, si plasma nelle forme dialettali. 

Il design del potente incantesimo murale, non è mai sceso a compromessi. E’rimasto semplice e lineare, essenziale. L’effetto è assicurato.

Leggete e ci rimanete male. Poi, se avete un po’ di senso dell’umorismo, ammetterete: touché. Mi hai fregato, penserete, con un sorriso, allontanandovi. Vi capiterà di scurire in volto se, invece, scorgerete il famigerato triangolo con la punta rivolta verso l’alto. Un occhio ovale al centro e,  sotto, la scritta : 

ZEUS TI VEDE

Vorrete che né Zeus, né quella specie di occhio di Saruman, al centro del triangolo, vi veda. Un po’ di privacy, penserete. 

Sui cartelli stradali, sotto le targhe con i nomi delle vie, sui treni, sugli autobus, nei sottopassaggi, sui muri delle case abbandonate, delle fabbriche in disuso, nei cantieri, sui guardrail delle autostrade e nella parte inferiori dei ponti, sulle sbarre dei passaggi a livello, sui tombini, sui vetri delle finestre rotte, nei cortili. Ovunque, l’eterna lotta tra il bene e il male si manifesta sotto forma di graffito. 

Per approfondire l’indagine su questi mitici e ignoti autori urbani, abbiamo sentito il parere di diverse persone. Si tratta di semplici cittadini, studiosi di lettere, filologi, esteti, critici letterari, autori, sceneggiatori e personalità varie. Le sentiremo in ordine sparso:

– Non avendo fonti riguardo agli autori, ipotizzeremo che il vate de’ lo Scemo chi legge, era senz’altro una personalità cinica, dotato di una sfrontata irriverenza, insofferente ai preconcetti, indifferente a ogni indottrinamento. 

Per quanto riguarda l’autore de’ lo Zeus ti vede, non sappiamo se effettivamente il suo nome reale sia Zeus. Siamo abbastanza certi che non si tratti del dio olimpico della mitologia greca. Senza dubbio, possiamo datare la sua nascita in un’epoca successiva a quella dello Scemo chi legge. La grafica più strutturata, la comparsa di elementi geometrici ed un vago richiamo mistico all’egizio occhio di Horus, fa pensare ad un autore colto, con una personalità forte ed egoica, affetto, probabilmente, da mania di controllo. Il suo messaggio è chiaro ed essenziale, come quello del suo collega, non lascia spazio ad  interpretazioni. 

– In tempi moderni, si potrebbe pensare che questo Zeus sia una sorta di maniaco delle videocamere, potremmo immaginarlo seduto al centro di una stanza le cui pareti sono ricoperte da schermi di ogni definizione e grandezza. L’autore dello Zeus ha, in qualche modo, precorso i tempi. Si è senz’altro dovuto ispirare alla letteratura fantascientifica, dimostrando l’ipotesi diffusa di una certa formazione dotta. Zeus è deciso nell’informarci: è lui che vede tutto e non viceversa. I suoi occhi compaiono al centro di triangoli ovunque, più ce ne sono e più Zeus vi vede. Intorno alla persona celata dietro lo Scemo chi legge aleggiano densi aloni di mistero. Non saprei ritrovarlo in una modernità piatta e poco incline allo scherzo, è uomo d’altri tempi che oggi sarebbe forse relegato ad un ruolo ordinario durante il giorno, per poi svelare il suo genio nelle notti di rivoluzione.

– Beh, Scemo chi legge mi frega sempre… C’è poco da dire. 

Gli occhi di Zeus ti vede sono inquietanti, non mi piace, mi fa sentire osservato.

– Se da una parte lo Scemo chi legge è il massimo dell’emozione caustica, una catarsi nell’animo del lettore, lo Zeus ti vede si muove nella sperimentazione futurista, sia nel tratto che nel contenuto. 

– Sembra quasi la trama di un manga. Il malvagio Zeustivede  contro il cinico ed ironico Scemochilegge. Due leggende la cui origine si perde nel passato, senza vedere la fine dell’eterna lotta che li impegna, in ogni angolo metropolitano.

– Io ci rimango male con Scemo chi legge e mi fa paura Zeus e il suo occhio osservatore. 

– Due autori misteriosi come Shakespeare o Omero, siamo fortunati a poterli ancora leggere, ogni tanto, sui muri delle nostre città.

– Quando ero piccolo, sul portone del palazzo dove abitavo, c’era una scritta bianca, semplice, un po’ sbavata. Era uno Scemo chi legge vagamente anni ottanta. Ero molto fiero di quella effige. Mi divertivo a osservare la faccia dei miei amici, quando venivano a trovarmi, e leggevano. Quante risate. Zeus ti vede mi guardava dal palo di un semaforo. Non era tanto grande ma era colorato di giallo fosforescente e l’occhio era abbellito da folte ciglia. Non nego che, a volte, ho cambiato strada, per non farmi scorgere da Zeus.

Bene, tutto molto interessante. Dopo avere approfondito la conoscenza di questi misteriosi autori che sono sfuggiti ai grandi musei di tutto il mondo preferendo la strada, non ci resta che concludere con: l’angolo delle curiosità dall’italiano antico.  

Oggi parliamo di un modo di esprimersi ormai caduto in disuso che riguarda l’utilizzo del pronome, singolare, femminile: LE. Facciamo subito un esempio. Un tempo, se un uomo avesse visto una donna in difficoltà, perché afflitta dal troppo peso delle buste della spesa, avvicinandosi, avrebbe detto : 

– LE porto io le borse, lasci che LE sia d’aiuto, signora. 

Noterete come, essendo la signora femminile, l’uomo abbia scelto il pronome dello stesso genere per dire “porto a lei” e “sia di aiuto a lei”. 

La stessa situazione oggi: 

– Signora, GLI porto io la borsa, lascia che LO aiuti. Noterete la dissonanza di genere e l’impoverimento dell’espressione generale. Al giorno d’oggi non c’è motivo di badare alla grammatica e alla forma quando comunichiamo. Per lo più, lo facciamo attraverso messaggi brevi e/o abbreviati.

Nell’antichità si manifestava una maggiore attenzione a non offendere una signora dandole del lui. Questo tipo di  preoccupazioni  sono svanite ai tempi del miscuglio di genere,  inteso come pregio sociale.

Vediamo un altro curioso esempio tratto della lingua dei nostri avi. 

Sulle spiagge di un tempo, i costumi seguivano un’altra moda. I padri avrebbero guardato, con orgoglio sornione, i propri figli, da lontano, mentre andavano, per la prima volta da soli, a comprare il gelato. I bambini si sarebbero gustati il gelato con calma, guardandosi intorno, con aria fiera, allo stesso tempo si sarebbero goduti la libertà e l’indipendenza che l’estate concedeva loro. 

Il padre della bimba avrebbe detto al suo collega genitore: 

– LE piace proprio il gelato, spero che non cresca mai.

Il padre del bimbo avrebbe risposto: 

– Anche al mio piace molto, guardaLO come cresce. 

Oggi è tutto diverso, naturalmente.

Bisogna indossare costumi da bagno minimali e poi preoccuparsi di non esporre deliberatamente le parti intime, preoccuparsi per il riscaldamento globale, per il mare inquinato. Non c’è più tempo e concentrazione per certe sottigliezze. 

Il padre, di entrambi i bambini, direbbe: 

– GLI piace il gelato.

I bambini continuerebbero a guardare lo schermo di un videogioco o di un telefono cellulare, leccando il gelato senza gustarlo e anzi, talvolta, leccando il telefono per sbaglio. Siamo tutti più abituati ormai, ad essere ignorati e ad ignorare, lo sappiamo. 

Come potrete facilmente verificare, anche la comunicazione ufficiale ha ormai abbandonato questa forma arcaica di differenziazione linguistica di genere, optando per un unico pronome maschile o neutro. Certi fissati tenteranno di fare capire l’importanza di una corretta espressione italiana ma, come prevedibile, i loro tentativi cadranno nel vuoto e nel silenzio, lasciando spazio al progresso linguistico. 

A questo proposito, rispondiamo direttamente al signor Adalziora, che spesso scrive alla redazione segnalandoci antiche forme d’espressione. E’ vero, dobbiamo ammetterlo, dopo approfondimento, abbiamo appurato che anche l’uso del CI SONO sta abbandonando il normale colloquiare. Pare, in effetti, che sia sostituito, nella stragrande maggioranza dei casi, dal C’E’, anche se riferito ad un soggetto plurale. 

E sì, è anche vero che l’antiquata pronuncia di GLI stia sparendo dai radar, non solo nel sud del paese, sostituito da un più pratico I. Pare tutto perfettamente in linea con lo svecchiamento della lingua e l’evitare del prodigarsi di inutili complicazioni. Quindi, signor Adalziora, apprezziamo il suo lavoro di ricerca ma la smetta di scriverci, abbiamo abbastanza materiale per concludere il programma.

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